Tu sei dove sei e ciò che sei a causa di te stesso. Tutto ciò che sei oggi, o che sarai in futuro, dipende da te. La tua vita attuale è la somma totale delle tue scelte, decisioni e azioni fatte fino a questo punto. Puoi plasmare il tuo futuro modificando i tuoi comportamenti. Puoi fare scelte nuove e prendere decisioni che siano più coerenti con la persona che vuoi essere e con le cose che vuoi realizzare nella tua vita.
(Brian Tracy, da “Abitudini da un milione di dollari" )



7/17/2010





BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE - RINGRAZIAMENTI

Jerry Richardson Introduzione alla PNL (Magia del rapport) 2002
Guido Granchi - Fabrizio Pirovano Comunicare per vendere 2002
Maurizio D'Ambra Tecniche di Comunicazione 2003
Rocco Americo - Rosario Alfano Relazioni vincenti 2009
Vncenzo Fanelli I poteri della comunicazione empatica 2007
Cesare Sansavini L'arte di vendere 2002




A tutte le persone sopra menzionate e non, va il mio più profondo riconoscimento. Nonostante io firmi questo blog, il vero grande lavoro è stato fatto da loro.
Senza il loro contributo questo blog sarebbe stato impossibile.

Un riconoscimento particolare, con profonda stima e affetto, va al mio mentore e amico, Romanzi Pasquale, che mi ha iniziata, mi segue, mi consiglia nell'apprendimento della tecnica della P.N.L. e soprattutto per la sua dsponibilità a dare una risposta a tanti miei perché.
A lui, anche se non ha nessuna necessità di leggerlo, dedico questo blog.

Un grazie particolare alle mie amiche, Iacomino Francesca e Iacomino Anna, che mi hanno sopportato e supportato nelle mie scelte e nel mio interesse per la P.N.L.


A coloro, che in diverse situazioni e diversi contesti, mi hanno dato modo di dovermi mettere in discussione, contribuendo, consapevolmente e non, al mio crescere

                          GRAZIE




Possiamo cambiare! Possiamo cambiare abitudini, comportamenti, modo di pensare e modi di essere. Possiamo evolverci, crescere e diventare persone migliori. Possiamo prendere il controllo della nostra vita, piuttosto che esserne controllati. Possiamo uscire dalla scatola che la società, la famiglia, gli amici, ma soprattutto noi stessi ci siamo costruiti addosso. Possiamo superare i limiti che ci siamo imposti nella nostra mente, dimenticandoci che siamo molto più di ciò che crediamo di essere, che potremmo fare molto più di quel che abbiamo e dare molto più di ciò che diamo.(Roberto Re in Leader Di Te Stesso)

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PREFAZIONE

Io non mi preoccupo di mantenere la qualità della mia vita, perchè ogni giorno lavoro per migliorarla. Mi sforzo continuamente di imparare e di fare nuove e importanti distinzioni sul modo di aggiungere valore alla mia vita e a quella degli altri. Questo mi dà la sicurezza di poter sempre imparare, di potermi sempre sviluppare e crescere. (Anthony Robbins)

Questo blog nasce dall’esigenza di riportare e condividere in un solo scritto tutte le nozioni, che negli anni , attraverso vari testi, ho appreso sulle TECNICHE DELLA COMUNICAZIONE. 
(Argomento che ancora oggi occupa gran parte del mio interesse di apprendimento e che trovo molto entusiasmante e stimolante, correlate le stesse a tutti gli elementi della tecnica della P.N.L.(Programmazione Neuro-Linguistica)).
A come fine, soprattutto, il desiderio di condividere e interagire con coloro che condividono il mio stesso interesse per l’argomento, trarre tanti benefici, tanti spunti di riflessione, per aumentare il nostro potenziale lavorativo, per la nostra vita relazionale, per noi stessi e per tutte le persone a noi care.

                         Quello che oggi sono
             è l’indice di quello che ho imparato, 
            non di quello che è il mio potenziale.

La stesura è improntata, per chi come me è interessato alla professione di Consulente Marketing, ma le stesse tecniche sono utili per chi desidera migliorare la propria efficacia comunicativa, per capire e farsi capire.
Sono strumenti che ci consentono di ottenere il consenso durante una relazione di lavoro o interpersonale. Sono tecniche innovative ed efficaci per diventare persone di successo.
Possono aiutarci nella professione, sia che siate un Consulente alle prime armi, sia che abbiate già maturato esperienza e vogliate saperne di più.
L’atteggiamento psicologico del non dare mai nulla per scontato è il punto di partenza per scoprire nei nostri interlocutori aspetti che spesso, pur essendo sotto i nostri occhi, non abbiamo magari mai visto. Ancora più importante è rendersi conto di quanto sia bello e prezioso poter acquisire ciò che di valido esiste nell’esperienza altrui, per elaborarlo e confrontarlo con la nostra realtà.
Facciamo nostro il detto latino:
                                        PARATUS SEMPER DOCERI
                                     (Sii sempre pronto ad imparare)
Un motivo per leggere questo blog sta che alla fine saremo diventati tutti come delfini.
Diventando come delfini, acquisteremo tutti la capacità di comunicare con il nostro prossimo in modo efficace e costruttivo, sapendo portare, se richiesto, la soluzione a specifici problemi, eventualmente emersi durante le trattative. I delfini sono animali in grado di comunicare con l’uomo e di stabilire una relazione d’intesa. Sono anche capaci, come riferito da un navigatore solitario, di fornire all’uomo l’aiuto necessario per districarsi dalle difficoltà incontrate in mare aperto. I delfini stabiliscono con l’uomo un bellissimo rapporto di solidarietà, che trova le sue radici nell’inizio della nostra storia sul pianeta.
Cari lettori, quello che vi chiedo di seguire con attenzione e con sentita partecipazione ciò che tratteremo in questo blog, dedicato alla comunicazione, poiché alla fine avremo modo di capire meglio chi vive attorno a noi, di entrare nella sua intimità, per comprendere i bisogni e dopo, quindi, in una relazione più costruttiva, raggiungendo così il reciproco soddisfamento delle nostre necessità.
Quando ognuno di noi avrà una migliore abilità comunicativa, ci saranno meno interruzioni nella comunicazione e scambi di idee più efficienti. Infatti, una buona capacità comunicativa è un fattore critico di successo in ogni aspetto della vita.
Una delle acquisizioni più interessanti nell’area della comunicazione interpersonale è giunta dallo psicologo Daniel Goleman e del concetto di “Intelligenza Emozionale” (Emotional Intelligence). L’Intelligenza Emozionale, ( o l’alfabetizzazione emozionale, termine che lui preferisce ), ha a che fare con l’importanza della gestione di se stessi e delle capacità interpersonali nel determinare il successo sia personale che professionale.
Il lavoro di Goleman cita numerosi studi che sostengono che i fattori critici di successo nella vita hanno più a che fare con le proprie capacità di relazionarsi con se stessi e con gli altri che con le abilità cognitive o intellettuali.
Ciò non significa che le abilità cognitive non siano importanti, semplicemente che non sono importanti come si potrebbe credere.
Una comunicazione efficace significa anche guadagnare potere personale, l’abilità di far fare cose alle altre persone perché lo vogliono, non perché devono.
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INTRODUZIONE

Le persone hanno tutte le risorse di cui hanno bisogno, ma le hanno a livello inconscio, tutto ciò che dobbiamo fare è renderle disponibili dove servono. (Richard Bandler)

Tutte le dinamiche che interessano i processi della mente e della psiche rappresenta una tematica non ancora del tutto conosciuta, per cui, sarebbe limitante pretendere di conoscere i segreti dell’animo umano, solo leggendo questo blog.
Tuttavia, quanto esposto è già sufficiente per stimolare riflessioni che ci permettono di andare verso gli altri, acquisire un nuovo modo di costruire relazioni e di conseguenza le capacità necessarie per raggiungere l’eccellenza.
Questo blog pone particolare attenzione sull’importanza del potere suggestivo della parola e di come questa possa influenzare gli stati mentali dei nostri interlocutori.
 L’analisi dei bisogni e dei valori alla base dei meccanismi che guidano le nostre scelte e i nostri comportamenti è posta come tappa d’obbligo nella ricerca sul processo di persuasione.
Quando si parla di persuasione o di persuasori, spesso, si prova disagio. Si pensa a qualcosa di manipolatorio o di oscuro.
In realtà, la persuasione è semplicemente un procedimento o una strategia per ottenere approvazione.
L’etica della persuasione va quindi dibattuta dal punto di vista del fine che ci si pone, quando si vuole persuadere qualcuno. Se il fine è buono, etico, la persuasione sarà eticamente ammissibile.
Possiamo dire che l’etica (ethos) è la forza morale del persuasore.
Quando chi vuol convincere è in buona fede, si crea una congruenza tra i messaggi verbali e i messaggi non verbali. Questa congruenza è una delle forze trainanti della persuasione.
Quando in una negoziazione sono presenti: l’etica (Ethos), la logica (logos) e l’emotività (pathos), il successo è assicurato.
Il logos dà le motivazioni razionali; il pathos sostiene la componente emozionale e l’ethos trasmette la sensazione che chi parla crede realmente in quello che dice.
Per sviluppare la componente logica (logos) nella relazione interpersonale è sufficiente svolgere un’accurata analisi dei dati e raccogliere quante più informazioni possibili sull’argomento.
Agire sull’emotività (pathos) significa commentare questi dati in modo tale da creare emozioni, curiosità, interesse e partecipazione.
Siamo spesso portati a credere che per ottenere un comportamento desiderato da parte di qualcuno sia sufficiente comunicare una richiesta. In certi casi ci può andare bene.
Ogni comportamento nasce prima da un pensiero, un’immagine, un’idea: in pratica si crea prima quella che potremmo definire forma mentale o forma mentis.
 La forma mentis si crea attraverso messaggi comunicazionali volti ad attivare, a evocare ben precisi stati mentali.
Sono stati mentali positivi, per esempio, l’appartenenza, la solidarietà, la fiducia, la curiosità, la sicurezza, l’entusiasmo, l’aspettativa, ecc.
Sono stati mentali negativi, invece, la sfiducia, la delusione, l’insicurezza, la frustrazione, il dubbio, la preoccupazione, ecc.
Se si agisce su stati mentali negativi, si creano suggestioni negative e distruttive, mentre agendo su stati mentali positivi ci si orienta a una gestione della realtà costruttiva e ottimista.
Perché una strategia di persuasione sia efficace è necessario tener conto della motivazione all’ascolto del destinatario della nostra comunicazione.
Tutto ciò che siamo in grado di dire o di fare diventa del tutto inefficace se chi dobbiamo convincere non è disposto ad ascoltare o lasciarci parlare.
Ci sono invece un paio di punti essenziali da tener in mente, quando si vuole persuadere qualcuno di qualcosa. Prima, sapere esattamente ciò che vogliamo, o almeno di quale gamma di risultati ci vogliamo accontentare. Quindi, è di importanza fondamentale che scopriamo abbastanza riguardo alle ragioni dell’altra persona, da essere sicuro di avere realmente una buona idea da presentarle.
Una “buona idea” è definita tale quando i vantaggi siano superiore agli svantaggi.

PRIMA PARTE - IL RAPPORT

Potete solo guidare gli altri nel cambiare le proprie convinzioni. Non sta a voi cambiare le convinzioni di qualcun altro. L’obiettivo è di ricalcarli e condurli alla costituzione di nuove convinzioni per loro stessi. (Robert Dilts)


Il rapport costituisce un elemento chiave nella persuasione. L’arte di ottenere l’appoggio e la cooperazione delle altre persone.
 Le tecniche e strategie implicate in ogni comunicazione di successo si riconnettono tutte, in qualche modo essenziale, al rapport.
Ci sono due modi di vedere le persone.
Si può decidere di mettere in rilievo le differenze tra se stessi e loro,
 oppure,
si può decidere di mettere in rilievo le somiglianze.
 Mettendo in rilievo le differenze sarà difficile stabilire il rapport. Mettendo in rilievo quello che c’è in comune, la resistenza e l’antagonismo scompariranno.
Con l’alliniamento diventa facile ritrovare se stessi nelle altre persone, allinearsi con loro, quando ciò accade c’è cooperazione.
Un’idea utile nel relazionarsi con gli altri proviene dalla cibernetica: la legge della varietà indispensabile.
 La cibernetica si occupa dello studio di sistemi di controllo automatico, sia negli esseri umani che nelle macchine.
La legge della varietà indispensabile afferma che in qualsiasi sistema, (sia umano che di macchine), quando sono uguali tutti gli altri fattori, sarà l’individuo ( uomo o macchina), con la gamma più ampia di reazioni a controllare il sistema.
Questo significa semplicemente che se nel nostro comportamento abbiamo maggiore varietà di un'altra persona, allora siamo in grado di controllare le nostre interazioni con quella persona.
 Quando la nostra gamma di comportamenti è più ampia di quella dell’altra persona, dovremmo avere abbastanza varietà di controllare e dirigere la situazione. Per avere la varietà indispensabile nel nostro comportamento occorrono fondamentalmente due cose:
                                    consapevolezza e flessibilità.
Bisogna sapere con consapevolezza se le cose che stiamo comunicando vengono accettate o rifiutate dagli altri.
Se stiamo comunicando con successo non è necessario che facciamo nessuna correzione. Ma se quello che stiamo facendo non funziona, allora ci occorre la flessibilità per cambiare e fare qualcos’altro, fino a quando non abbiamo trovato quello che dobbiamo fare affinché l’altra persona risponda positivamente alla nostra idea o al nostro suggerimento.
Quando le persone incontrano resistenza, spesso, reagiscono insistendo ancora con lo stesso approccio, che fin dal principio non ha funzionato. Questa è una buona strategia per rendere l’altra persona ancora più resistente.
 Quando abbiamo la varietà indispensabile, abbiamo altre possibilità, altri schemi dai quali attingere, finché non ne troviamo uno che funzioni con un determinato individuo. Inoltre quando si incontra qualcuno che si vuole influenzare si intende dare per scontato che sia necessario in qualche modo cambiarlo. In realtà è praticamente impossibile cambiare un’altra persona.
 Quindi, qualsiasi tentativo in questo senso è destinato a fallire.
Tuttavia, quando siamo con un’altra persona, che noi lo vogliamo o no, abbiamo un’influenza su di lei. L’approccio alla comunicazione e specialmente alla comunicazione persuasiva, è un approccio al sistema e i sistemi sono dinamici, cambiano quando si cambia una parte del sistema. Le altre parti cambiano di conseguenza per ristabilire l’equilibrio.
 La questione diventa: quale cambiamento in particolare e quali cambiamenti specifici dobbiamo produrre in noi stessi per ottenere il cambiamento desiderato nell’altra persona?
Non esiste garanzia del fatto che saremo sempre in grado di affrontare con successo tutte le persone che incontreremo. ci sono alcune persone che non potremo andare d’accordo o che non saremo in grado di convincere. Non perché non ci sia niente che noi possiamo fare, ma semplicemente perché non abbiamo trovato lo schema che funzioni con loro, ma diventando più flessibili nel nostro approccio con gli altri e maggiormente più consapevoli sia dei nostri stessi schemi che di quelle delle altre persone con cui abbiamo a che fare, possiamo aumentare il nostro successo e la nostra soddisfazione personale proprio nell’interessante processo di influenzare gli altri.
                   IL SEGRETO DEL RAPPORT: RICALCARE
Una delle strategie per stabilire il rapport proviene da Milton Erickson. Erickson, prima della sua morte, avvenuta nel 1979, era stato riconosciuto il più famoso medico ipnotista del mondo. Egli era in grado di trattare anche con clienti resistenti. Spesso si fa riferimento alla tecnica che Erickson usava con il termine RICALCO.
Ricalcare significa andare incontro all’altra persona, nel punto in cui lui o lei sa o presuppone che sia vero, o accordarsi ad alcune parti dell’esperienza che lui o lei sta vivendo.
In altre parole, stiamo ricalcando un’altra persona quando siamo in accordo o in armonia, oppure quando abbiamo delle somiglianze con lei.
Il ricalco, dunque, è una tecnica specifica per stabilire il rapport. Praticamente con chiunque.
Consiste nell’essere o nel diventare come l’altra persona, in modo di ottenere la sua amicizia, il suo aiuto.
Ci sono molti modi di ricalcare un’altra persona. Possiamo ricalcare il suo umore, il suo linguaggio corporeo e i suoi schemi di conversazione, (velocità della parlata, la tonalità e il volume, le parole, le frasi e le immagini che una persona usa), le sue convinzioni, opinioni e la sua respirazione.
Più ampia è la gamma dei nostri comportamenti più facilmente riusciamo a ricalcare un’ampia varietà di comportamenti di qualcun altro. E’ innegabilmente vero che alle persone piacciono persone a loro simili. Vogliamo avere rapporto con persone che siano come noi, che vedono il mondo nel nostro stesso modo. Scegliamo i nostri amici fra coloro che ci fanno sentire bene. Un altro fenomeno della persuasione è che quando noi piacciamo a qualcuno lui tende a voler essere d’accordo con noi. La formula è questa:
                             SE SONO COME TE TI PIACERO’
     E SE TI PIACERO’ VORRAI ESSERE D’ACCORDO CON ME
I diversi stati d’animo si cercano reciprocamente. Chi è infelice cerca l’infelice, allo stesso modo chi è allegro vuole aggregarsi a persone simili.
William James diceva:
“L’azione sembra seguire la sensazione, ma in realtà l’azione e la sensazione producono insieme, e, regolando l’azione che è sotto controllo più diretto della volontà, possiamo indirettamente regolare la sensazione, che non lo è. Quindi, l’estrema via volontaria, se il buon umore spontaneo è assente, è di sedersi allegramente e comportarsi e parlare come se il buon umore fosse già lì. Se un comportamento simile non vi rende rapidamente di buon umore, in quell’occasione non ci riuscirà niente altro:”.
In altre parole, comportarci come se fossimo di buon umore e provocheremo il buon umore reale, o, come alcuni sono fieri di ripetere: Fingilo fino a renderlo reale. Cambiando il nostro comportamento cambieremo la nostra esperienza.
Quando ricalchiamo un’altra persona, in pratica le stiamo dicendo:
                 “Sono come te, con me sei al sicuro. Puoi fidarti di me”.
Il ricalco è un modo di stabilire credibilità e fiducia.
 Il ricalco non è sempre facile da mettere in pratica ma possiamo perlomeno avvicinarci approssimativamente al comportamento dell’altra persona, se è all’interno di una gamma di comportamenti normali.
Federich Perls, fondatore della terapia Gestalt, ha espresso:
Una volta che avete una personalità, avete sviluppato un sistema rigido. Il vostro comportamento diventa pietrificato, e perdete la capacità di affrontare il mondo liberamente con tutte le vostre risorse”.
Perls ha spinto le persone a sbarazzarsi dai caratteri, la parte inflessibile e programmata del mondo in cui le persone vedono se stessi e in cui si presentono.
Una persona che fa diminuire, o anche aumentare il proprio ritmo per accordarsi al ritmo di qualcun altro non deve necessariamente rimanerci incollato.
In realtà, dopo aver inizialmente ricalcato un’altra persona, si può finire per aumentare o diminuire il livello di quella persona finché non si accorda al proprio. Il fenomeno qui è semplice, quando siamo al passo con un’altra persona, questa è incline a seguire il nostro passo successivo. Se prima ci accordiamo a loro, le persone seguiranno la nostra guida.
 COME PARLARE IL LINGUAGGIO VERBALE DELL’ALTRA PERSONA
Il ricalco della comunicazione influenza in profondità il rapporto che stabiliamo con un’altra persona.
Possono verificarsi problemi se tralasciamo di prendere in considerazione la velocità della parlata che vogliamo influenzare.
Anche ricalcare il volume è una tattica utile. Una persona che parla in modo sommesso apprezzerà qualcuno che parli in modo sommesso. Allo stesso modo, uno che parla a voce alta, spesso avrà più rispetto di noi- riconoscerà uno spirito affine- se ricalchiamo il volume. In effetti, in certe occasioni potremmo decidere di oltrepassare il volume dell’altro allo scopo di indurlo a parlare a volume più basso. Fornendo alle altre persone un’immagine riflessa di loro stessi, e persino esagerando in qualche modo quell’immagine, potremmo fare in modo che modifichino il loro comportamento.
Se vogliamo cambiare il comportamento di qualcun altro, l’approccio migliore è di cambiare il nostro. Il conseguente cambiamento del sistema spesso spingerà l’altra persona a cambiare se stessa per ristabilire l’equilibrio e con esso l’illusione di avere il controllo.
Avere flessibilità nell’usare parole, frasi, immagini familiari alle altre persone è importante. 
Se ascoltiamo attentamente il loro linguaggio, sapremo con quali parole, frasi e immagini si sentono a proprio agio.
IN CONCLUSIONE:
                  APPROCCIO SINTONICO E DISTONICO
Ci sono due diversi approcci alle relazioni tra persone: SINTONICO e DISTONICO.
Quando parliamo di sintonia parliamo di similarità tra gli interlocutori; un approccio sintonico genera più facilmente feeling, in quanto l’interlocutore si sente capito, è a suo agio e scopre una base comune di esperienza in chi gli sta di fronte, sentendosi compreso, per cui in una comunicazione sintonica si tende a valorizzare i punti in comune tra ,e parti invece che le differenze. L’approccio distonico si basa, invece, sulle diversità.
La distonia genera tensione in chi la subisce e la voce è il canale attraverso il quale principalmente passa l’informazione relativa alla distonia. Posture e parole di chiusura. Sguardi sfuggenti e una buona dose di arroganza sono gli ingredienti migliori per un cocktail distonico veramente fastidioso.
Un possibile svantaggio dell’approccio sintonico è chi crede nella sintonia tende a cercarla a ogni costo, anche in quelle circostanze in cui potrebbe essere strategico “Fare la voce grossa”.
L’approccio distonico, specularmente, prepara il terreno al conflitto, se dall’altra parte abbiamo interlocutori forti, altrimenti può essere risolutivo.
Conoscere i due tipi di approccio relazionale consente di scegliere quale adottare in funzione delle situazioni che si verificano, tuttavia, nella maggior parte dei casi l’obiettivo sarà preferibilmente quello di impostare una relazione sintonica, innegabilmente vantaggiosa. 
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SECONDA PARTE - LA COMUNICAZIONE

Parlare senza interruzione non vuol dire necessariamente comunicare (Jim Carrey).

Comunicare significa far capire agli altri il nostro messaggio attraverso parole, immagini e gesti.
Se non sappiamo comunicare in modo efficace, difficilmente saremo persuasivi.
È necessario entrare in sintonia con l’interlocutore, per fare questo dobbiamo conoscerlo, ascoltarlo e personalizzare il messaggio alle sue esigenze e ai suoi interessi.
Troppo spesso l’obiettivo della comunicazione sembra essere l’informazione e non il risultato che vogliamo raggiungere attraverso l’informazione stessa.
Questi concetti hanno un valore universale, ma in una trattativa che ha come obiettivo finale la vendita, assumono ancora più importanza. Ogni messaggio deve stimolare l’interlocutore, provocargli emozioni, essere metabolizzato razionalmente.
Il consulente che sommerge il cliente con fiumi di parole punta più sull’imbonitore che non sul modello professionale del consulente, che vuole risolvere i problemi del suo cliente. Per questo deve saper dialogare, fare pause, cambiare tono di voce, dare forza alla sua gestualità, in poche parole deve saper comunicare.
I grandi comunicatori hanno denominatore comune:
                                  SONO GRANDI ASCOLTATORI.
Il consulente deve essere convinto non solo che l’abilità comunicativa è fondamentale, ma che può e deve essere migliorata.
L’obiettivo “FARSI CAPIRE” non sembra essere sempre così evidente.
 La scuola ha privilegiato per anni il monologo nazionalistico quale modello vincente per lo studente, improvvisamente il mondo della vendita chiede la fine di quei monologhi per iniziare un dialogo costruttivo con il cliente, chiede che si sappiano formulare domande aperte e finalizzate a un certo obiettivo, chiede che si sappia praticare un ascolto attivo. In una trattativa è importante ciò che si dice, ma molto di più il come. Per potenziare l’espressione verbale utilizzare parole semplici e appropriate.
 Usare messaggi brevi e logici per lasciare così spazio all’interlocutore.

       RICORDIAMOCI CHE E’ PIU’ FACILE CAPIRE IL CONTENUTO
       DI UN TELEGRAMMA CHE DI UNA LETTERA DI TRE PAGINE.
Usare la forma interrogativa seguita da pause in modo da tener attiva l’attenzione e facilitare il dialogo. Ricorrere se possibile ad analogie, aneddoti, esempi, possibilmente vicini al vissuto dell’interlocutore. Adottare il linguaggio al livello culturale e tecnico dell’interlocutore. Giocare con toni e voce e le pause in modo da fare risultare i punti chiave del discorso. Le regole principali che caratterizzano l’ascolto attivo sono:
1. Ascoltare con gli orecchi e con gli occhi, osservare il linguaggio non verbale di chi parla.
2. Manifestare interesse verso chi parla, guardandolo attentamente dando segni di approvazione.
3. Focalizzare l’attenzione sul significato del discorso e non sulle singole parole.
4. Non interrompete e non saltare alle conclusioni.
5. Bloccare ogni tentativo di elaborazione della risposta per evitare distrazioni.
6. Cercare costantemente la sintonia con l’interlocutore.
Ogni individuo percepisce il mondo attraverso filtri personali, rappresentazione interna della realtà che è unica e differente da quella degli altri individui.
Uno degli errori principali che compiono molti consulenti consiste nel pensare che il cliente percepisca il prodotto o servizio esattamente come essi stessi lo considerano. Il consulente di successo si sforza invece di dimenticarsi momentaneamente della propria mappa del mondo per concentrarsi sulla comprensione della mappa del mondo del cliente, per capire le sue esigenze e ciò che per lui è davvero importante.
Ogni nostro comportamento, anche se a volte possiamo non rendercene conto, costituisce una forma di comunicazione. Proprio perché ogni comportamento comunica e influisce sugli altri, una delle capacità del buon consulente è quella di padroneggiare quanto più possibile la qualità della sua comunicazione. Metteremo quindi a punto insieme le tecniche più avanzate per comprendere come comunicano i consulenti di successo.
L’insieme di diversi aspetti della comunicazione a caratterizzare il messaggio si distinguono in tre diversi canali attraverso cui passa per giungere al destinatario:
                                 COMUNICAZIONE VERBALE
                           COMUNICAZIONE PARAVERBALE
                           COMUNICAZIONE NON VERBALE
L’elemento costitutivo della comunicazione verbale è il vocabolario linguistico. Il vocabolario personale cambia a seconda dell’ambiente in cui si è cresciuti, dal livello di scolarità raggiunto, dalla familiarità al dialogo con altre persone, dall’amore della lettura e anche dalla capacità di ascoltare e memorizzare parole nuove.
La comunicazione paraverbale è l’insieme dei segnali messi in atto nella comunicazione verbale, a livello fisiologico, ovvero l’insieme di modalità con le quali si manifesta la nostra voce: registro, volume, velocità, timbro, ritmo, cadenza, tono, modulazione, dizione, ecc.
A seconda di come usiamo la voce generiamo stati d’animi diversi nell’interlocutore. Normalmente il consulente non è abituato a dare il giusto peso alla voce nell’interazione con gli altri e per questo ne perde spesso la potenzialità persuasiva.
Ora proviamo a leggere queste righe evidenziando, con la voce, le parole in corsivo e facendo una pausa prima di proseguire con il resto del testo. Notate come cambia il significato del’intera frase.

La nostra …..azienda è il primo grande centro di distribuzione diretta di prodotti Tipici Artigianali
(non quella concorrente).
 La nostra azienda è ….. il primo grande centro di distribuzione diretta di prodotti Tipici Artigianali
(oggi).
La nostra azienda è il primo grande centro .… di distribuzione diretta di prodotti Tipici Artigianali
( il più grande).
 La nostra azienda è il primo grande centro di distribuzione diretta….. di prodotti Tipici Artigianali ( soprattutto distribuisce).
 La nostra azienda è il primo grande centro di distribuzione diretta di prodotti Tipici Artigianali …. (specificatamente)

Come abbiamo appena notato, il significato della comunicazione può variare a seconda di come elaboriamo la voce e in particolare le pause, a parità di simboli utilizzati, (parole e struttura sintattica).
Questo rende evidente quanto dell’elaborazione della voce dipenda un notevole potere, da mettere naturalmente al servizio del nostro lavoro.
Basterà infatti modificare il volume o il tono della nostra voce per sottolineare adeguatamente ciò che ci interessa. Questo modo di evidenziare con la voce il contenuto verbale nel nostro messaggio prende appunto il nome di SOTTOLINEATURA ANALOGICA: evidente riferimento alla COMUNICAZIONE ANALOGICA in contrapposizione a quella verbale, (DIGITALE).
La comunicazione PARAVERBALE insieme a quella NON VERBALE prende il nome di comunicazione EXTRAVERBALE, che è appunto COMUNICAZIONE ANALOGICA.

Il secondo canale della comunicazione analogica è quello del NON VERBALE.
In questa categoria rientrano il linguaggio del corpo e i suoi derivanti: (espressione facciale, mimica, abbigliamento, postura, sguardo, gestualità, movimento).
                                      IL CORPO NON MENTE
Il che equivale a dire che mentre è estremamente facile manipolare la parola, non è altrettanto semplice governare le espressioni del corpo.
Scrive a proposito Clive Barker, regista teatrale nel libro Giochi di Teatro:
I processi della mente e del corpo sono collegati in modo inestricabili … E’ un fatto riconosciuto che il corpo influenza la mente e gli stati mentali sono riflessi fisicamente nel corpo.”
Nella fase iniziale di conoscenza con una persona, il linguaggio del corpo gioca un ruolo di fondamentale importanza, tramite gesti, posture e contatto visivo, esso incide nel processo comunicativo con una percentuale del 55%. Per il 38% incidono invece il tono della voce e tutte le componenti paraverbali, mentre il significato letterale della parola espressa influisce solo del 7%.
Deve essere però specificato, visto il contesto, che tali valori subiscono una variazione consistente in una comunicazione che ha come obiettivo finale una vendita e i rapporti cambiano in:
                                   per il 53 % pesa il verbale;
                                   per il 15% il paraverbale;
                                   per il 32% il non verbale.
La bravura di un buon comunicatore consiste nell’evitare che si generi fraintendimenti tra se e gli altri. Il fraintendimento è naturalmente provocato da un’incongruenza fra i tre livelli di comunicazione.
Quando il COSA incontra il COME su una identica lunghezza d’onda si verifica la congruenza tra i due livelli del messaggio, viceversa, si parla di incongruenza.
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7/16/2010

LA COMUNICAZIONE VERBALE

"Il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare, grazie alla sua velocità, il più annoso problema nelle relazioni tra esseri umani: quello della comunicazione. Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema: cosa dire e come dirlo" (Bill Gates )


              VALENZA SUGGESTIVA DELLA PAROLA

“La suggestione non consiste nel far credere a un individuo ciò che non è vero; la suggestione consiste nel fare in modo che un qualcosa diventi vera facendogli credere nella possibilità di questa cosa” J.A. Handfield.

Una buona comunicazione presuppone la capacità di esprimersi in modo chiaro, ben comprensibile e possibilmente con proprietà di linguaggio.
Paul Watzlawick, ricercatore del Mental Researc Institute, California, ha introdotto nel processo di comunicazione una nuova variante, quella dell’influenzamento reciproco.
Seconda questa nuova prospettiva, la comunicazione è un processo di scambio di informazioni e di influenzamento reciproco.
Un presupposto fondamentale della comunicazione secondo Watzlawick è che non si può non comunicare. Sia la parola sia il silenzio hanno valore di messaggio.
Se vogliamo entrare in relazione con qualcuno e gli rivolgiamo la parola, questi potrebbe non rispondere o addirittura non degnarci neanche di uno sguardo. La persona in questione ci sta comunicando che non vuole comunicare con noi. Il silenzio in questo caso ha un valore di messaggio come la parola.
Se la comunicazione è uno scambio di informazioni, con l’influenzamento reciproco è fondamentale essere consapevoli del potere di suggestione della parola.
                  “CIO’ CHE E’ ESPRESSO E’ ESPRESSO”
nel preciso istante in cui pronunciamo una parola, noi creiamo nella nostra mente e in quella del nostro interlocutore l’immagine del significato della parola. Ogni volta che pronunciamo una parola produciamo inconsapevolmente una suggestione. Per rendercene conto è sufficiente pensare a quanti reagiscono alla semplice rappresentazione verbale di un moto fisiologico quale il vomito. Costoro sovente possono arrivare a provare nausea fino al conato al solo sentire parlare di vomito.
Il rapporto di inferiorità con il cliente traspare da una serie di sintomi quali la costante insicurezza, lo scusarsi continuamente, le affermazioni dubbiose, la preoccupazione di disturbare, annoiare, rubare tempo sono tutti sintomi di una prostrazione che travalica la normale e auspicabile cortesia. Un psicologo direbbe che questi segnali riflettono una modesta autostima del consulente. Nel lavoro di consulente questa sensazione può tradursi in scarsa produttività perché il consulente non trasmette quella sicurezza, quell’entusiasmo in ciò che afferma, indispensabile per stimolare il processo persuasivo.
        PAROLA A VALENZA SUGGESTIVA NEGATIVA DI APERTURA
Sono parole che ci fanno iniziare la nostra comunicazione male.
Le rubo un minuto
Usando il termine “rubo” oltre a collocarci in una dimensione di inferiorità, trasmette un senso di perdita di tempo. Solo chi non è importante ci fa perdere tempo.
Non vorrei disturbare"
Se non volevamo dare disturbo nel pronunciare la parola “disturbo” evochiamo in chi ci ascolta proprio il senso di disturbo.
Ha un momento da dedicarmi”
Anche in questo caso ci poniamo in una posizione psicologica di inferiorità, ci proponiamo definendoci poco importanti e non degni del tempo necessario per comunicare qualche cosa.
Non l’annoierò
Quando ci esprimiamo così, in realtà dentro di noi c’è il sospetto che quanto abbiamo da dire sia poco interessante, e paradossalmente questa preoccupazione viene trasmessa nella comunicazione attraverso la valenza suggestiva negativa della parola e di conseguenza viene richiamata nella mente di chi ci ascolta proprio quella noia che vorremmo evitare.
Ha un momento da dedicarmi?”
 In questo caso ci poniamo ancora una volta in una posizione psicologica di inferiorità, definendoci poco importanti e non degni del tempo necessario che ci occorre per comunicare qualcosa.
Disturbo?"
Se la nostra presenza è motivata e gradita non c’è motivo di disturbo.
Inoltre da abolire frasi come:
Le sono estremamente grato di avermi ricevuto
Per me è un immenso piacere conoscerla
           PAROLA A VALENZA SUGGESTIVA NEGATIVA DI PERCORSO
Se le parole a valenza suggestiva negativa di apertura rappresentano il modo di iniziare male la comunicazione, le parole a valenza suggestiva negativa di percorso sono il modo per continuare male la comunicazione. Ne sono esempi frasi come: “Nessun problema”; “Nessuna difficoltà”; “Non si preoccupi”; “Sono in seria difficoltà”; “Spero di non sbagliare”, oppure l’uso continuo del pronome “IO”. Termini come: PROBLEMA, DIFFICOLTA’, CARENZE, SACRIFICI, SBAGLI, ECC., inseriti nella comunicazione evocano sensazioni e suggestioni negative. L’uso continuo del pronome “IO”, senza fare della psicoanalisi, denuncia un ego infantile, da personalità insicura che cerca di difendersi esaltando la propria identità come forma di compensazione. Da un punto di vista della comunicazione l’uso reiterato del pronome IO crea una sorte di barriera invisibile che ci allontana dagli altri e crea disagio, fastidio e, qualche volta, antipatia.
                              USO IMPULSIVO DEL “NO”
Può capitare che alla proposta di una nuova idea o una qualsiasi richiesta si risponde impulsivamente con un NO.
Scrive Antonio Viera:
La cosa più dura che possa esistere nella vita è arrivare a chiedere e dopo aver chiesto sentirsi dire no. Negare a qualcuno una cosa richiesta è come dargli uno schiaffo con la lingua. Tanto aspra parola è un no, tanto dura, tanto ingiuriosa, da poter suggerire questo paragone. È dura verso la necessità, offensiva verso l’onore, insopportabile verso il merito. E se un no è così duro per chi ascolta, credo che non presenti minor durezza a chi lo deve dire, e tanto più grande quanto maggiormente generoso e superiore quello spirito che dovrà pronunciarlo
e ancora:
Non è una parola terribile: non ha né diritto e né rovescio, da qualsiasi parte lo leggiate ha sempre lo stesso suono e lo stesso significato. Leggetelo da sinistra verso destra e da destra verso sinistra, è sempre non: Il non da qualsiasi parte lo prendete, è sempre un serpente, morde sempre, ferisce, porta veleno con sé. Uccide la speranza che è l’ultimo rimedio lasciato dalla natura a tutti i mali. Non c’è nessun correttivo che lo moderi, nessuna arte che possa renderlo meno duro, nessuna lusinga che possa renderlo più dolce
Nell’esperienza del “pensiero primario” non esiste la negazione, non esiste il “non pensare all’elefante” ma l’esperienza dell’elefante. La negazione esiste nel pensiero secondario, cioè il linguaggio. La negazione fa parte dei processi logici, l’inconscio non legge il “no”. Quando ascoltiamo: “Non pensare a un elefante” dobbiamo passare prima, per la comprensione della parola priva della negazione NON e poi, se ci riusciamo, alla negazione della parola elefante.
          PAROLA A VALENZA SUGGESTIVA NEGATIVA DI DUBBIO
Frasi come: “Spero di riuscire”; “Cercherò di …..”; “Forse riusciremo …..”; contengono tutte termini che indeboliscono il linguaggio, poiché insinuano un’idea di insicurezza.
Se, cercherò, forse, magari, sono termini che trasmettono incertezza, dubbio, poca motivazione.                 
                                I VERBI DELLE INCONGRUENZE
Sono verbi che denunciano incongruenza tra ciò che si dice e ciò che in realtà si vuol dire. Distinguiamo: L’uso del condizionale dei verbi: vorrei, potrei, ecc. sono verbi che denunciano rischi. I verbi: riuscire, arrivare, superare, vincere, ecc. sono verbi che denunciano un falso obiettivo. Lo scopo è farcela, non raggiungere l’obiettivo prefissato: “Cerchiamo di arrivare su quella cima”, l’obiettivo non è la cima da raggiungere, ma riuscire ad arrivarci.

                     TRASFORMAZIONE DELLA VALENZA SUGGESTIVA
                                          DA NEGATIVA A POSITIVA
Il Tu e l’ IO creano subito la predisposizione al conflitto, creano immediatamente i due fronti di battaglia, con la conseguenza che emotivamente le tensioni negative non tarderanno a presentarsi. Il NOI crea appartenenza, spirito di gruppo, solidarietà. Ovviamente, il NOI deve essere utilizzato quando la struttura del linguaggio, dal punto di vista della grammatica e della sintassi lo permette.
         UTILIZZARE LE PAROLE A VALENZA SUGGESTIVA POSITIVA
Si tratta di parole che presuppongono sempre una possibilità di soluzione. Esiste sempre una soluzione, si tratta solo di saperla trovare.

SE NON FAI PARTE DELLA SOLUZIONE FAI PARTE DEL PROBLEMA

Esempi di parole a valenza suggestiva positiva sono:
CRESCITA; OPPORTUNITA’; SVILUPPO; OCCASIONE; OBIETTIVI COMUNI; SEMPRE; SICURAMENTE; SOLUZIONE POSITIVA.
Queste sono tutte parole capaci di influenzare in modo positivo lo stato d’animo di chi ci ascolta e di orientarlo verso atteggiamenti costruttivi. Se ci serviamo volutamente di parole a valenza suggestiva positiva influenziamo noi stessi e chi ci ascolta in modo beneficamente produttivo.
Il problema diventa un’opportunità di crescita e via dicendo….   
                       UTILIZZARE IL PRESENTE E IL FUTURO
Quando il contenuto della comunicazione lo permette è meglio coniugare i verbi al presente e al futuro.
                               UTILIZZARE PAROLE CHIAVE
Ognuno di noi nel parlare è incline a ricorrere a PAROLE CHIAVE, cioè termini, locuzioni ricorrenti.
Tutti qualche volta abbiamo utilizzato qualche modo di dire ereditato da qualcuno che ci è caro.
Sul piano emotivo queste parole chiave sono quindi fortemente cariche di valenze affettive. Se nel nostro linguaggio sono presente modi di dire, espressioni idiomatiche che appartengono alla nostra realtà come a quella del nostro interlocutore, farne uso realizza un piacevole senso di appartenenza allo stesso vissuto emozionale.
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I MECCANISMI DI TRASFORMAZIONE LINGUISTICA

Come facciamo a sapere se l’argomento di cui stiamo parlando e in riferimento al quale diamo per scontato una serie di informazioni per noi del tutto ovvie, corrisponda in modo esatto alla rappresentazione della mappa del nostro interlocutore? Chi e che cosa ci garantisce, insomma, che stiamo parlando la stessa lingua? Che stiamo sintonizzati sulla stessa frequenza? Come si può evitare di parlarsi addosso senza essere costruttivi, solo perché, in fondo, non ci si è capiti?
Ebbene, la risposta risiede semplicemente nella domanda: PRECISARE LA COMUNICAZIONE.
Nel contesto di un discorso capita spesso di parlare di ciò che è importante per noi, dei nostri punti di vista, delle nostre esperienze e su tutto questo avere interessanti scontri con gli altri.
Ebbene, questo parlare di qualcosa, ci pone evidentemente, su un livello META,(dal greco META, con il significato di andare oltre, trascendere), rispetto al piano dei contenuti della conversazione.
Quando parliamo di queste cose noi METACOMUNICHIAMO sui valori, sui criteri e nelle credenze che ci stanno a cuore. Ecco che, per indagare sul mondo dei valori, criteri e credenze dell’interlocutore dobbiamo utilizzare strumenti META,(altrimenti non ci porremmo sul piano adeguato e il tentativo risulterebbe inefficace). Per farlo sfrutteremo inevitabilmente il linguaggio. Vi sono alcune considerazioni da tener presente, per poter utilizzare il linguaggio e al fine di risultare efficaci:
1. Ognuno di noi, quando parla, esprime la propria STRUTTURA SUPERFICIALE: ovvero quelle parti della personalità che emerge allo stato cosciente e che è razionalmente percepita, vissuta e accettata dalla persona. Il livello dell’inconscio emerge molto raramente, a livello linguistico.
2. Tra il livello inconscio, (inesprimibile a parole) e il livello cosciente della persona, (esprimibile a parole),il vario materiale che costituisce la nostra esperienza del mondo subisce diverse trasformazioni. È come venisse elaborato, distorto e selezionato dal cervello, che fa passare al livello cosciente solo una parte dell’esperienza stessa, per di più rielaborata.
3. Tale rielaborazione consta di tre tipi di trasformazione, che condizionano il nostro modo di parlare e sono individuabili attraverso di esso, e sono:
             GENERALIZZAZIONI, CANCELLAZIONI e DISTORSIONI.
Si dicono generalizzazioni tutte le credenze che, quando sono espresse a livello linguistico, generano frasi tipo: “Tutti gli uomini prima o poi tradiscono una donna”. Al di là del significato, che in questo momento non interessa, notiamo che la struttura di questa frase contiene un cosiddetto qualificatore universale: “TUTTI”. Ciò rende assoluta l’affermazione, anche se tutti riconosciamo che nulla può essere assoluto, ma questo non emerge a livello linguistico.
Si dicono cancellazioni tutte le emissioni generate dal filtro del nostro cervello, durante la rielaborazione del pensiero inconscio. Tale omissioni emergono a livello linguistico con espressioni indeterminate, vaghe: “Questa scelta è la migliore”, (rispetto a che cosa lo è?).
L’indeterminazione è il frutto di una sorta di CENSURA LINGUISTICA da parte del cervello, è interessante, però, scoprire le motivazioni di tale censura.
Il cervello non solo cancella, ma distorce il materiale entrato dal mondo esterno, facendo sì che anche il linguaggio ne subisca gli effetti.
È distorsione il dire per esempio a una persona depressa: “Dopo che avrai assaggiato questa torta, subito ti sentirai meglio”, questa è un’attribuzione arbitraria che chi parla rivolge a chi ascolta. Non è assolutamente vero che, a quella persona, faccia bene assaggiare quella torta se il motivo della sua depressione è la ciccia depositata attorno ai fianchi o una cocente delusione d’amore chiude lo stomaco. La distorsione in questo caso, sta nel presupposto che condiziona chi parla, l’opinione personale attribuita al caso di un altro individuo, ovvero la convinzione che ciò che è bene o convincente per noi lo sia anche per te.
Un altro esempio: “Comprare questa macchina ti permetterà di avere successo” Il meccanismo è quello tipico della CAUSA – EFFETTO, fase A ti permetterà di avere B, (A causa B).
Ma in che modo fare A permette B? può darsi che il nesso tra i due termini non sia assoluto, anzi è certo che non lo sia. Lo stabilire un rapporto tra A e B ed estenderlo al pensiero di un’altra persona è solo un effetto di una propria distorsione, del tutto soggettiva.
Di seguito diversi tipi di GENERALIZZAZIONI, CANCELLAZIONI e DISTORSIONI e le rispettive domande antidoto (D.A.) per portare alla luce i meccanismi di pensieri che li hanno originati.
GENERALIZZAZIONE
1. TUTTI, NESSUNO, SEMPRE, MAI, OGNI VOLTA
D.A. Proprio tutti?; Nessuno escluso?; Veramente sempre?; Non ti è mai capitato? (il contrario).
2. NON POSSO; NON ME LA SENTO.
D.A. Chi/che cosa te lo impedisce?
3. DEVO
D.A. Che cosa accadrebbe se non ….?
CANCELLAZIONI
1. NOMI / VERBI
D.A. Cosa intendi esattamente con … ? In che modo esattamente?
2. ASSENZA DI INDICE REFERENZIALE
D.A. Chi esattamente?
3. PARAGONO INCOMPLETI
D.A. Rispetto a chi/che cosa esattamente?
4. NOMINALIZZAZIONE
D.A. Che cosa vuol dire per te?; In che modo?; Con chi?; Chi è come?
DISTORSIONI
1. LETTURA DEL PENSIERO
D.A. Come fai a saperlo?
2. CAUSA – EFFETTO
D.A. Come fa A a causare B? / E’ mai capitato che A non causasse B?
3. EQUIVALENZA COMPLESSA
D.A. In che modo precisamente A significa B? / E’ mai capitato che A significasse qualcosa di diverso.

LO STILE

Lo stile del consulente ha grande influenza nella costruzione della credibilità. Ma poiché esso è solo la proiezione della nostra personalità all’esterno, non è molto influenzabile.
Si può comunque superare alcuni ostacoli del proprio stile che rendono più difficile un rapporto armonico con gli interlocutori.
Gli esempi che seguono comprendono una serie di stile comportamentale che possono determinare percezioni negative nel cliente sulla persona che ha di fronte.
Esaminiamo queste frasi dichiarate da un consulente e proviamo a esporle in forma diversa:
1. “ LEI NON MI HA CAPITO
 Il cliente percepisce: “Non stai attento! Non capisci”
Meglio dire: “ Temo di non essermi spiegato bene
2. “DICE CHE IL PRODOTTO COSTA MENO, MA E’ MALE INFORMATO
Il cliente percepisce: “Non ti sai documentare”
Meglio dire: “Lei dice che il prodotto della concorrenza costa meno, cosa glielo  fa pensare?”
3. “LE SONO VERAMENTE GRATO PER AVERMI DATO QUESTA GRANDE OPPORTUNITA’ DI INCONTRARLA. LE VORREI RUBARE SOLO 2 MINUTI DEL SUO PREZIOSO TEMPO
 Il cliente pensa: “Ciò che mi vuoi dire deve essere veramente di scarsa importanza”
Meglio dire: “ Le sono grato per avermi concesso questo appuntamento. In due minuti vorrei mostrarle una proposta che ritengo molto vantaggiosa per un'azienda come la sua
4. “NON CAPISCO PERCHE’ LEI SIA COSI’ PREOCCUPATO DEL SERVIZIO POSTVENDITA DELLA MIA AZIENDA. IN FEDE MIA LA VORREI ASSICURARE CHE NON E’ UN PROBLEMA
Il cliente pensa: “Non mi stai offrendo nessuna garanzia, mi chiedi un atto di fede sulla tua parola”
Meglio dire: “ Capisco i suoi dubbi sul servizio postvendita, io stessa avrei gli stessi dubbi all'inizio di un nuovo rapporto. Quale prova o garanzia vorrebbe ricevere per sentirsi confortato?”
5. “NON SO DIRLE CON CERTEZZA SE LA GARANZIA DEI NOSTRI PRODOTTI RAGGIUNGA 12 MESI, MA PENSEREI DI SI
Il cliente pensa: “ Non sono alla ricerca di speranze ma di certezze”
Meglio dire: “ Non so dirle .. Mi farò premura di verificare con precisione. le serve una risposta urgente?"
6. “ OGGI SONO VENUTO PER PARLARLE DEL PRODOTTO X, UN PRODOTTO CHE IN POCHI MESI SI E’ POSTO AI VERTICI DEL MERCATO, DANDO A ME E ALLA MIA AZIENDA GROSSE SODDISFAZIONI
Il cliente pensa: “ poco mi importa delle tue soddisfazioni e di quelle della tua azienda”
Meglio dire: “ Oggi sono venuto a parlarle di un nuovo prodotto che sta dando ottimi risultati ad aziende del vostro livello"
7. “ HA SENTITO COSA SI DICE DEL PRODOTTO ZETA, NOSTRO CONCORRENTE? SEMBRA CHE SI SIA DIMOSTRATO UN GRANDE FIASCO
 Il cliente pensa: “ Un altro ciarlatano. Non mi aspetto che tu parli bene della concorrenza.”.
 Meglio dire: “ Qual'è la sua opinione sul prodotto Zeta?  Le rivolgo questa domanda perché ho sentito idee contrastanti al riguardo".

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INDAGARE SUI SIGNIFICATI NASCOSTI

Le persone non sono sempre completamente consapevoli di quello che intendono dire, quando fanno delle affermazioni. La maggior parte di noi sa, (forse intuitivamente), che intenzionalmente o meno, in quasi in ogni frase che emettiamo viene omesso qualcosa.
Quando qualcuno ci parla , la scelta è di cercare di indovinare quello che manca oppure chiedere chiarimenti. Una domanda che si usa spesso per indagare sui significati nascosti è: “Perché?”- questa utile domanda spesso porta alla luce una quantità di informazioni su un’altra persona.
Ma “Perché”, può anche costituire una potenziale barriera ad un’indagine efficace.
Domanda tipo: “Perché sei in ritardo?” può essere intimidatoria e generare un comportamento difensivo.
La domanda “Perché” ha anche altri potenziali limiti. Un limite deriva dalla struttura della nostra lingua: una domanda “Perché” richiede una risposta che abbia la costruzione “Perché”, che avvolte non da molte nuove informazioni. Esempio: “ PERCHE’ l’hai fatto?” Risposta: “ PERCHE’ mi sembrava la cosa giusta da fare”.
 Un approccio più efficace per indagare sui significati espressi o nascosti è fare domande tipo:
                                    “C0SA?”;RIGUARDO A COSA?”.
Questo non vuol dire che “Perché” sia sempre una domanda inappropriata e neppure che “Cosa” ci fornirà sempre le informazioni specifiche che vogliamo. “Perché” si risolverà spesso in generalizzazioni, negazioni, razionalizzazioni o giustificazioni. Le domande “Cosa” tendono a produrre cose più specifiche.
 Esempi:
1. “ Ho preso questa decisione, ed è definitiva.”
“ Perché?”
“Perché si”
                                        INVECE
Ho preso questa decisione, ed è definitiva.”
“Cosa potrebbe farti cambiare idea?” OPPURE “In che condizioni potresti cambiare idea?”
2. “Non sono sicuro di averne bisogno al momento
" Di cosa in particolare non sei sicuro?”.
3. “ Non posso farlo ora?”
“Cosa ti impedisce di farlo ora? Qual è la cosa peggiore che potrebbe capitare se lo facessi ora?”
4. “Richiami fra un mese
 “In che modo la situazione sarà diversa fra un mese?”
5. “Non posso permettermelo
“In che circostanze pensi che potresti permettertelo?”
6. “Non ci credo
“ A cosa in particolare non credi? Cosa potrebbe farti cambiare idea?”

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LA GESTIONE OTTIMALE DELLE CRITICHE, AFFRONTARE LA RESISTENZA, L'OBIEZIONI E L'OSTILITA' VERBALE

"La via del saggio è agire, ma non competere." (Lao Tzu)

    LA GESTIONE OTTIMALE DELLE CRITICHE

Il primo strumento per aiutarci a gestire al meglio le critiche deriva da un principio fondamentale della P.N.L.
 “DIETRO OGNI COMPORTAMENTO C’E’ UN’INTENZIONE POSITIVA”.      
Si può in effetti imparare molto anche dalle critiche, posto che esse siano costruttive e non distruttive. 
Di conseguenza il primo passo da intraprendere è scoprire quale sia l’intenzione positiva che sta dietro la critica, che cosa la sorregga e la giustifichi nella mente del nostro interlocutore. 
Prendiamo, per esempio, una tipica critica rivolta al venditore:
“ il suo prodotto/servizio è troppo caro, è fuori mercato, non è competitivo in termini commerciali”.  
La domanda da fare al cliente per estrarre l’intenzione positiva che sta dietro la critica è:
      “Che cosa cerca di ottenere o di evitare attraverso questa critica?”.
La risposta del cliente potrebbe essere espressa in termini linguistici negativi, come per esempio:
Evitare di spendere soldi inutilmente”;
in ogni caso, ci dà una traccia per comprendere la ragione positiva che l’ha motivata.
 Una volta capita l’intenzione positiva che sta dietro la critica, il secondo passo è quello di trasformare la formulazione linguistica da negativa a positiva, chiedendo: “
"Se questo è ciò che non vuole, allora che cosa desidera veramente?”
oppure:
Quali vantaggi avrebbe se riuscisse a evitare di spendere inutilmente?”
Queste domande costringono il cliente a formulare l’intenzione che sta dietro alla critica in termini linguistici positivi. 
Il terzo e ultimo passo è quello di trasformare la critica in una domanda relativa al “come”: molto spesso questo tipo di domanda contiene la risposta insita in se stessa.        
Per concludere l’esempio, se il cliente ha trasformato la frase:
Evitare di spendere soldi inutilmente” in: “Essere sicuro di fare un investimento conveniente”, la domanda relativa al “Come” potrebbe essere:
Come fa a essere sicuro che il mio prodotto non rappresenti un investimento conveniente? Vediamo insieme i vantaggi ….”       
Grazie a questa tecnica linguistica siamo passati da una critica che sembrava senza appello a una possibilità di mostrare al cliente come il proprio prodotto o servizio, invece, possa essere utile.

                 AFFRONTARE LA RESISTENZA

Come regola generale, è utile vedere la resistenza di un’altra persona come qualcosa che abbiamo creato noi stessi. Questo perché l’altra persona può essere resistente solo a qualcosa che noi facciamo o diciamo. Inoltre, noi abbiamo il controllo solamente del nostro comportamento. Quindi, è saggio considerare la resistenza come un nostro problema, non come un problema dell’altro.
E’ la nostra stessa resistenza alla resistenza dell’altra persona a causare il problema.
                              Eliminandola, elimineremo il problema.
Un modo efficace per trasformare la resistenza del nostro interlocutore in consenso è accettarla.
La tentazione e la tendenza è di insistere sempre di più con lo stesso comportamento, e questo, di solito rafforza la resistenza dell’altro. Possiamo modificare il nostro comportamento mettendoci dalla parte dell’altra persona. (Esprimiamo velocemente l’accordo con il nostro avversario).
Per farlo con integrità concordando con quella parte della sua posizione con cui possiamo legittimamente esprimere accordo, anche se si tratta solo del dieci per cento o se ha a che fare con un punto minore. Cerchiamo un’ area di accordo. Facendolo, avremo dato prova di essere un testimone sagace ai suoi occhi. L’altra persona sarà molto più disposta ad ascoltare la nostra versione, (dopotutto ora stiamo entrambi dalla stessa parte).
Quest’approccio potrebbe non sembrare logico, ma nelle questioni psicologiche la cosa più importante, per la maggior parte delle persone, non è essere logici, bensì avere ragione.
Una volta che abbiamo accettato l’altra persona e abbiamo riconosciuto che ha ragione, paradossalmente abbiamo vinto la battaglia più importante. Ora siamo entrambi dalla stessa parte.
Spesso, saremo in grado di illustrare la nostra posizione senza incontrare ulteriore resistenza.
 In altre parole
                                        prima ricalca, poi guida.
Esempio:
Roberto: “Claudio, ci ho riflettuto su, e penso che dovremo mettere in atto quella nuovo sistema per la distribuzione.. Sai, quella di cui ti ho parlato ieri.
Claudio: “No, non voglio farlo. Abbiamo provato qualcosa di simile un paio di anni fa e non ha funzionato. Anzi, ha scatenato una confusione tale e il doppio del tempo per evadere tutte le ordinazioni”
Roberto: “Sai, Claudio, penso che tu abbia ragione. Una eventuale nuovo sistema da adottare deve farci risparmiare tempo. Sono sicuro che hai delle buone ragioni per ritenere che questa nuovo sistema non funzioni. Ti dispiacerebbe dirmi quali sono?”
Claudio: “Certo che no. Quello che è successo nell’ultimo fiasco è stato che colui che ha progettato il sistema non aveva la più pallida idea di quello che facciamo. Pensava che bastasse semplicemente cambiare un paio di incarichi e responsabilità, implementando un programma di dosaggio del lavoro, e tutto si sarebbe magicamente velocizzato.
Roberto: “E non è stato così?”
Claudio: “Puoi scommetterci! Se si fosse preso la briga di chiedere a qualcuno perché il reparto distribuzione non funzionava, glielo avremmo detto.”
Roberto: “Claudio, cosa pensi che potremmo fare per migliorare in qualche modo la maniera in cui procede il lavoro nel nostro reparto?”
Claudio: “Mah, probabilmente ci sono un sacco di cose che potremmo fare.”
Roberto: “Cosa suggerisci in particolare?”
Claudio: “Beh, la prima cosa che io farei sarebbe ….”
Con ogni probabilità, Roberto e Claudio ora potranno lavorare insieme per progettare un sistema che funzioni. Funzionerà perché sarà il frutto della collaborazione, non quello imposto dall’altro.
Ricordiamoci sempre:
                                         La vita non è una gara 
Certamente, ci sono volte in cui è necessario adottare una posizione di contrasto. Ma nel cimentarti in un gioco vincere/perdere, è meglio se si assume il ruolo di antagonista come ultima risorsa, non come prima mossa.
 In generale è meglio affrontare la resistenza con un atteggiamento del tipo vincere/vincere.
Dunque la domanda diventa:”Come possiamo vincere entrambi?” e non “Come posso fare in modo che l’altra persona perda?”.
Diventa “In che modo possiamo lavorare insieme?” invece che “Come posso provare che io ho ragione e lui torto?”.
Il gioco vincere/perdere, ragione/torto è pericoloso, anche quando vinciamo, o vinciamo il primo round.
I vantaggi di un atteggiamento vincere/vincere (win/win), invece sono considerevoli. Nelle contrattative, un atteggiamento simile può addirittura aumentare il proprio potere..
Uno dei vantaggi di affrontare il gioco da una posizione vincere/vincere è che le altre persone continueranno a giocare con noi, e l’effetto di questa cosa sarà che potremo continuare ad influenzarle.
La strategia più saggia nel cercare di affrontare la resistenza e di risolvere conflitti è di accordarsi e collaborare, quando è possibile, invece di combattere.
Machiavelli ha detto: “Fai del bene quando puoi, fai del male quando devi”.
Ma se facciamo del male dobbiamo essere preparati per le conseguenze.



                    OCCUPARSI DELLE OBIEZIONI


Ci sono vari modi per occuparsi delle obiezioni, a seconda della natura dell’obiezione e della personalità di chi la solleva. Qualche consiglio:

ACCETTIAMO E USIAMO L’OBIEZIONE
Ogni volta che una persona muove un’obiezione alla nostra idea, o ad una parte di essa, ricordiamoci che c’è energia dietro l’obiezione. Con abilità, possiamo usare quell’energia e re-indirizzarla verso il nostro obiettivo. Immaginiamo per esempio, di aver appena suggerito una linea di condotta al nostro cliente Rossi Luca:

CM: “Beh, Luca, che ne pensi di quest’idea?”
Luca: “Non lo so. Dovrò pensarci su ancora un po?”
CM: “Buona idea, Luca. Mi fa piacere che tu abbia intenzione di rifletterci attentamente su, perché è una decisione importante quella che stai per prendere. Fermiamoci un attimo e rivediamo velocemente i punti relativi alla tua situazione su cui siamo d’accordo. Mentre rivediamo questi punti, se hai delle domande, per favore fermami, in modo che tu possa prendere la miglior decisione possibile.”

Accettando l’obiezione di Luca e re-indirizzando in seguito la sua attenzione sul fatto in questione, in      particolare sui punti di accordo, stiamo aumentando la probabilità di riuscire a ottenere una decisione favorevole. Notiamo anche, che abbiamo nascosto alcuni suggerimenti che hanno lo scopo di spingere Luca verso la conclusione:                                                                                                                   Riflettiamoci attentamente su … è una decisione importante che stai per prendere …. Prendere la miglior decisione possibile .”

ESPRIMIAMO ACCORDO CON LA SENSAZIONE
A volte è praticamente impossibile esprimere accordo verso certe idee senza violare il proprio senso di integrità. Quando si presenta una situazione simile, possiamo sempre accordarci alle sensazione dell'altra persona. Per esempio:
Luca: "Sento che quest'idea non ha alcun senso per me, ora."
CM: "Capisco come ti senti, Luca. Anch'io mi sono sentito così a volte, così come altri miei clienti. Tuttavia, considerando attentamente tutti i vantaggi posso dirti che ... (Fornire alcuni esempi di persone che ci hanno ripensato, a loro vantaggio).
Quando una persona ci dice come si sente, è molto importante confermare il suo sentimento, cioè che noi possiamo essere d'accordo o meno con l'idea espressa. Confermare il sentimento è gentile da parte nostra e saremo visti come un alleato invece che come un nemico.

RACCONTIAMO UNA STORIA
Questo è uno dei modi per evitare di suscitare resistenza livello conscio. Raccontare una storia invita l'altra persona a porsi all'interno della storia e permette alla sua mente inconscia di fare i collegamenti necessari. Questa tecnia è stata usata dai più grandi persuasori per migliaia di anni. Le parabole raccontate da Cristo ne sono esempi significativi.

ESPRIMIAMO CURIOSITA' E INTERESSE
Spesso, esprimeno curiosià o interesse, possiamo spingere l'alra persona ad elaborare la sua obiezione e forse persino a modificarla o ritirarla.
Luca: "Non penso di poterlo fare al momento"
CM: "Davvero? Questo è interessante. Pensavo che questo fosse il momento ideale per farlo. Sarei curioso di saper cosa ti impedisce di farlo, attualmente"

PARAFRASIAMO L'OBIEZIONE
Questa tattica spesso spinge le persone a modificare le loro obiezioni
Luca: "Ammetto che probbilmente ci farebbe risparimiare soldi a lungo andare, ma non possiamo proprio farlo rientrare nel budget ora. Al capo verrebbe un accidente".
CM: "Fammi capire, se ho capito bene, Luca, dici di essere d'accordo sul fatto che questo programma sia probabilmente conveniente ma che il tuo capo si infurierebbe perché non rientra nel budget, è così?"
Luca: "Sì, è quello che ho detto. Quello che volevo dire è che dovrei sudare per convincerlo a spendere altri soldi almeno fino all'inizio dell'anno prossimo."
CM: "A quanto dici, sembra prorpio che occorra essere molto persuasivi. Se ci sedessimo e ci pensassimo su, pensi che potremmo tirar fuori una proposta che il tuo capo ascolterebbe?"
Luca: "Mah, forse".

CHIEDIAMO COSA CI VORREBBE PER CONVINCERE L'ALTRA PERSONA
Questa domanda può essere posta a nostro vantaggio in più di un punto durante la discussione con le persone che miriamo ad influenare. E' una buona domanda da porre prima di preparare il nostro discorso di presentazione. Spesso le persone ci diranno esattamente quello che ci occorre per convincerle. Possiamo fare la stessa domanda quando ci sembra di aver raggiunto un punto morto durante la presentazione stessa, quando la persona si tira indietro al momento della decisione. Ha l'effetto di ridurre la pressione a noi aprendo allo stesso tempo la discussione a nuove informazioni. L'obiettivo è di mantenere la discussione in movimento finché non vediamo una via d'uscita.

  NEUTRALIZZARE RABBIA E OSTILITA' VERBALE

Ogni volta che qualcuno ci attacca, attacca la nostra idea, o qualcosa a cui noi siamo collegati, il primo fatto di cui occuparsi non è il contenuto dell'attacco, ma la rabbia e l'ostiità dell'aggressore.Un errore che le persone fanno spesso quando vengono attaccate è cercare di difendersi, o di difendere la loro idea, o ciò che è ad essa collegata. Nella maggior parte dei casi, mettersi sulla difensiva è un errore tattico, perché facilmente può essere preso dall'altra persona come un contrattacco e ciò serve solo ad aumentare il livello di rabbia e ostilità, come il dialogo seguente:

Aggressore: "Stavolta l'hai fatta proprio grossa!"
Difensore: "Non è vero"
Ag: "Sì che l'hai fatto!"
Dif.: "Non è vero"
AG.: "Invece sì!"
Dif.: "Invece no!"

Una reazione migliore è ricalcare e in seguito guidare, allineandosi all'impeto di rabbia dell'aggressore, come segue:

Ag.: "Stavolta l'hai fatta proprio grossa!"
Dif.: "Forse hai ragione. Cos'ho fatto stavolta?"
Ag.: "Avevi detto che mi avresti consegnato i miei arnesi entro giovedì, e invece è già venerdì e degli arnesi non c'è neanche l'ombra."
Dif.: "In questo caso, posso capire perché sei arrabbiato. Vediamo cosa possiamo fare per procurarteli e assicurarci che non accada mai più".

Il primo passo da fare nell'affrontare un attacco verbale è neutralizzare colui che ci attacca, mettersi in linea con la sua energia, e in seguito re-indirizzarla.
Ci sono aleno due modi di farlo:

  1. Esprimere accordo con il contenuto

  2. Esprimere accordo o confermare il sentimento.
Nell'esempio precedente abbiamo espresso accordo con il contenuto dicendo: "Forse hai ragione".
Il motivo per farlo è che così si evita di minacciare l'aggressore, che potrebbe avere già perso il controllo a livello emotivo, tanto che qualunque  cosa noi diciamo potrebbe essere interpretata come un contrattacco e servirebbe solo a intensificare il suo attacco. Evitiamo di gettare altra benzina sul fuoco.
Questo non vuol dire sottomettersi all'aggressore. L'accordo, (o l'allineamento), e la sottomissione sono estremi opposti di un'unica entità.
L'accordo è attivo, mentre la sottomissione è passiva. La sottomissione è semplicemente una capitolazione e non è efficace nel produrre il risultato desiderato, cioè guidare l'alta persona verso una discussione costruttiva.
L'affermazione "Forse hai ragione" ha un vero e proprio potere magico quando è pronunciata con sincerità, senza sarcasmo o atteggiamento difensivo. Da un'impressione di accordo, mentre in realtà lascia aperto un numero infinito di possibilita. Pe esempio implica anche: "Forse hai torto", o, "Forse c'è un altro modo di vedere la situazione".
Ricordiamoci che la prima cosa di cui occuparci è la rabbia, l'ostilità, non il contenuto dell'attacco.
Occupiamoci del contenuto dopo aver disarmato l'aggressore.
E se l'aggressore è particolarmente violento e non ci permette di dire niente, ma continua a scaricarci addosso una raffica di parole, una strategia utile ed efficace è lasciargli scaricare parte della sua energia assorbendola con calma e imperturbabilità. Poi, quando l'aggressore si è calmato, bisogna entrare in accordo con lui e re-indirizzarla.
Se non riusciamo ad esprimere accordo in modo sincero con niente di quello che l'aggressore sta dicendo, o non riesciamo ad ammettere nemmeno la possibilità che la sua critica possa essere giustficata, allora mettiamoci in linea con il sentimento. Non importa cosa provi l'altra persona, avremo sempre ragione teoricamente quando diciamo:
"Se fossi nella tua posizione, sono sicuro che mi sentirei proprio come te"
La logica che sta dietro è semplice: se avessimo la storia genetica e personale dell'altra persona, è enevitabile che proveremo ciò che prova lei in quel momento.
Questo può sembrare un gioco di parole, uno stratagemma semantico, ma è un gioco di parole che potrebbe salvarci il lavoro, il rapporto e ecc.

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